Oggi è un giorno triste, e la mente ripercorre le ore che furono e distrattamente cerca di ingannarmi.
Senza volerlo mi sono vestita di grigio e nero, come un anno fa.
Andrea fa il turno di notte, come avrebbe fatto un anno fa.
I gatti si inseguono correndo sulle scale, come un anno fa, come tutti i giorni dell'anno.
Le ore scorrono e aspetto che arrivi la fine del mese per poter girare il calendario che ho lasciato al 30 settembre.
Sono andata da Alby con Andrea questa mattina, a lasciargli un cero e le margherite. "Avremmo dovuto accendere una candelina, non questo", ho esclamato e copiose le lacrime hanno ricominciato a scendere. Quel viale bagnato dalla pioggia, il nostro camminare abbracciati mi ha mostrato di nuovo la vulnerabilità, la fragilità del mio animo.
Un anno fa sono morta alle 21 e qualche cosa. Da un anno a questa parte mi sono ricostruita, mi sono adattata a una realtà che si è modificata, e che ha continuato a segnarmi lasciandomi un vuoto dietro l'altro. Ma dentro, nel profondo io sono morta.
Ho ricevuto moltissime lettere dopo la pubblicazione della lettera, di mamme a cui è successa la stessa cosa, di parenti che hanno vissuto di riflesso, di medici anche. Poi è stata pubblicata anche su Donna Moderna e anche lì ho ricevuto testimonianze e affetto. Sono arrivati anche inviti a farmi guardare da qualche specialista, sembra che non sia normale piangere e pensare ancora ad Alby, sembra che sia giusto andare oltre nel vero senso della parola, come se questo non mi avesse segnato o fosse contato. Ma le parole di questo tipo mi scivolano addosso.
Il 15 ottobre ho acceso le mie candele, per Alby e tutti i bimbi meteora che ho conosciuto:
Le mie candeline |
Molte sono state le candele accese alle 19 (mi scuso se qualche foto manca ma dal cell non riesco a scaricarle). Per un attimo, nel calore di quelle fiammelle ho sentito concretizzarsi tanto amore... La più grande delle mie candele ha brillato per tutta la notte...
Un'onda di luce sono certa che sia arrivata fino in cielo.
Sono morta un anno fa, su quella poltrona del monitoraggio mentre le ostetriche si affannavano per cercare il tuo cuore... e io avevo capito subito...da quel fruscìo senza vita. Sono morta mentre la mia testa iniziava ad andare sotto shock e il cuore ad urlare. Ti ho sentito per l'ultima volta alle 21 quando hai fatto il tuo ultimo movimento quello che per me era "Eccolo! si è mosso, posso tornare a casa..." e che invece era il tuo sussulto di morte.
Sono morta tra gli abbracci stretti in pianto di Andrea, sono morta quando ti ho abbracciato la mattina dopo, quando ho lasciato che il tuo viso restasse impresso nella memoria, e il tuo peso sul mio cuore. Sono morta quando ho dovuto dire a tutti che "ce la facevo", quando sono tornata a casa e ho messo via tutti i tuoi vestitini, sono morta quando avevo un bisogno fisico e mentale di averti, di cullarti, di amarti come avrei voluto.
Sono morta per le persone che non ce l'hanno fatta a starmi accanto, sono morta insieme a Papà, sono morta ogni volta che mi guardo allo specchio e vedo oltre al mio riflesso.
Eppure, con te rinasco. Rinasco nel tuo ricordo, nella forza che hai saputo darmi, nell'amore che mi hai insegnato. Rinasco nella speranza che si fa spazio dentro di me. Rinasco oltre la paura che altro dolore possa sommarsi a questo, nel coraggio che trovo ogni giorno ad affrontare il mondo.
Non conoscevo l'amore, non conoscevo la disperazione e non conoscevo la vita.
Sono morta un anno fa e oggi, con te, rinasco.